giovedì 14 febbraio 2013

VIAGGIATORI

Dopo aver tracciato quelle che secondo me sono le due principali tipologie di 'visitatori' - in TURISTI PER CASO - mi viene da fare delle considerazioni sulla varietà della fauna dei viaggiatori che si incrociano in giro per il mondo. Sono infatti riconducibili a diverse tipologie o a un mix delle stesse. Alcuni viaggiatori misurano se stessi e gli altri sulla base del numero dei paesi visitati, come Paul, l'amico inglese, che ha al suo attivo qualcosa come 50 stati e parlava di altri suoi conoscenti con riferimento al numero di stati da loro visitati. Non molto diversi, forse, sono coloro che collezionano i timbri sul passaporto e che adorano i visti perché sono grandi e colorati, occupano un'intera pagina e rendono il passaporto piú interessante. Ne ho conosciuto uno anni fa in America Centrale, anche lui inglese, che ammetteva tranquillamente di essersi dato come obiettivo di terminare tutte le pagine del passaporto e per questo cercava di passare piú frontiere possibili. Questi viaggiatori, che sono spesso giovani, collezionano le bandierine adesive degli stati visitati appiccicate sullo zaino e su una parete di casa hanno una mappa geografica del mondo dove ostentano con orgoglio le mete dei loro viaggi. Costoro, ovviamente, vanno velocissimi, rarissimamente tornano nello stesso stato e naturalmente dopo qualche mese già non ricordano il nome dei luoghi visitati, e dopo pochi anni non sanno nemmeno più cosa vi hanno visto. Ma l'emozione suscitata dai viaggi, quella rimane e mette radici profonde.
Ci sono viaggiatori che visitano un paese per volta e ci tornano e ritornano per anni consecutivi, fino ad esserne sazi e poter passare ad una nuova pietanza. Io mi sono innamorata in questo modo tre volte: Londra, il Marocco e il sud-est asiatico. Ma quest'ultimo è un amore piú... aperto e probabilmente con questo viaggio mi sazio per un po' (l'India però è altra storia).
Ci sono viaggiatori che viaggiano per portare indietro cimeli da riempire la casa con tracce dei loro ricordi; altri non acquistano nulla e non fanno nemmeno foto perché "le esperienze si fanno dentro e i loro ricordi scaldano l'anima", mi diceva una spagnola sul treno per Mandalay.
Ci sono viaggiatori che stanno in giro per anni senza tornare a casa - come un brasiliano incontrato in Grecia o un argentino trovato in India - mantenendosi con la produzione e vendita di piccoli prodotti di artigianato. Ci sono gli anglosassoni e gli israeliani che, prima o dopo l'Università, fanno un anno in giro per il mondo con una lunga sosta in un qualche paese per rimpinguire le tasche con qualche lavoretto stagionale (tipo la raccolta dei pomodori in Australia).
Ci sono i pensionati francesi e tedeschi che girano il mondo in modo rilassato per i lunghi mesi invernali o per anni consecutivi. Per esempio, i viaggiatori francesi IN CAMPER di Khao Lak hanno attraversato con il loro proprio mezzo Siberia, Mongolia, Cina, Nepal, Laos e Cambodia prima di entrare in Thailandia, impiegando 6 mesi. Abbiamo incontrato anche una rarissima coppia di italiani neo-pensionati, Evasio e Silvana, che sono in giro da ottobre come noi e come noi hanno fatto l'India e faranno la Birmania. Sono di Milano e lei, Silvana, è un'ex insegnante di Chimica. Hanno dalla loro lo spirito e le energie di due ventenni (di una volta!) e la conoscenza della lingua inglese, sconosciuta alla stragrande maggioranza degli italiani adulti ma indispensabile per viaggiare!

Ci sono viaggiatori che grazie a un viaggio cambiano dentro, altri che durante il viaggio cambiano anche fuori! Questo fenomeno era particolarmente visibile in India e mi piaceva definirlo come 'la metamorfosi del viaggiatore'.
Difficile non essere coinvolti, direi 'travolti', dall'India! In genere durante il primo mese si va poco a poco adeguando il proprio abbigliamento ai costumi locali e piano piano ci si sbarrazza di tutti i caratteri distintivi dell'occidente sostituendo anche il marsupio e lo zainetto con le borse di tela indiana. Poi si preferiscono sandali o ciabatte dell'artigianato locale alle scarpe sportive o alle flip-flop portate da casa. E' una sorta di depurazione. Dopo un paio di mesi si è pronti per il salto finale: la sostituzione del proprio nome con un nome indiano! Molti stranieri (anche italiani) incontrati in India si sono presentati a noi con un nome indiano (Adanta, Gopala, Maya vanno molto!) e forse tutto inizia negli ashram dove nelle carte di registrazione, oltre al nome anagrafico, viene richiesto 'il nome spirituale'.

Mentre oserei dire che tutti i viaggiatori subiscono il fascino indiano, la Birmania non risulta altrettanto coinvolgente. Solo qualche giovane francese e svizzero abbiamo notato indossare il longy (la gonna maschile) e uno dei cappelli di paglia e bambù della tradizione. Ma che eleganza! É vero che il tempo di permanenza in Birmania è per tutti limitato ai 28 giorni del visto ma è altrettanto vero che i birmani per primi hanno abdicato alla tradizione a favore della moda occidentale (pur essendo un orribile made in china a prezzi poco convenienti).
In Thailandia invece torna la voglia di essere occidentali sia perché loro si vestono come noi sia perché l'abbigliamento made in Thai di questi ultimi anni non ha nulla di creativo. Indossando il mio bel taftano indiano, comprato per festeggiare l'ultimo dell'anno a MAMALAPHURAM, mi sentivo decisamente fuori luogo in Kao San Road!





1 commento:

  1. Curiosità irrefrenabile: come si decide il proprio nome indiano? Io ci sono stata per 4 mesi, ma non ne ho mai sentito parlare. C'è qualche "regola" per crearlo o te lo scegli? E qual è il tuo?

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