martedì 29 gennaio 2013

IL PONTE DI LEGNO PIÙ LUNGO DEL MONDO

Noleggiamo una moto davanti al nostro hotel e dopo una piccola contrattazione riusciamo ad averlo per 8000 kiats, 8€. Facciamo benzina (1litro 1€) e corriamo verso AMARAPURA e il suo ponte di legno più lungo e più fotografato del mondo! Dopo vari chilometri e tanta polvere (indossiamo le mascherine da chirurgo acquistate a Bagan) arriviamo sulle rive del AYEYARWADY e le bancarelle e i ristoranti ci segnalano che il ponte è da quelle parti. Ed eccolo che ci appare come un normalissimo ponte di legno pedonale solo che non ne vediamo la fine: è lungo 1,2km ed è sostenuto da 1060 tronchi di teck. L'ideale sarebbe fare foto al tramonto con un monaco del vicino monastero come soggetto ma... Non siamo molto fortunati, c'è persino foschia!
Il ponte viene usato dalla gente del posto per attraversare il fiume ma è anche il luogo dove stazionano vecchi e giovanissimi mendicanti. Anche qui i bambini vengono usati dai loro genitori per chiedere dollari ai turisti.
Sotto il ponte una striscia di terra divide in due l'immenso fiume formando un isolotto a cui si accede dal ponte tramite una scala di legno. Questo permette ai contadini della zona di coltivare quella terra a riso, mais e arachidi! (Le arachidi tostate sono lo stuzzichino che si trova spesso sui tavoli dei bar e dei ristoranti e, come il té verde cinese, è offerto gratuitamente ai clienti).
Sono le 11 e il tour vuole che ci si diriga verso il vicinissimo monastero per assistere alla distribuzione del pranzo al migliaio di monaci che lo dimorano. Non volevamo andare a nutrire il gruppo dei turisti in viaggio organizzato ma è stata la gente del posto ad insistere indicandoci la strada. In una via all'interno del monastero, adiacente all'edificio preposto per il pranzo, monaci di tutte le età sfilano in due file parallele davanti a persone che dispensano cibo di vario genere, dalle crocchette di riso ai biscotti e alle caramelle. Se non sbaglio il cibo, offerto da privati cittadini, prima viene benedetto. Le strisce di bordeaux, a cui ormai siamo molto affezionati, fanno sempre venire una voglia irresistibile di fotografare, come per riuscire a portarsele a casa.
Sono veramente tanti questi monaci e ce ne sono anche di sette o otto anni. 'Sono tristi perché sentono la mancanza delle loro famiglie - sento che commenta una guida birmana - mi ricordo che era così anche per me'. Moltissimi ragazzini entrano in monastero per volere della famiglia ma possono rimanerci una settimana, dei mesi o tutta la vita: questo dipende solo da loro.

Il nostro giro in motorino riprende nella direzione di INWA, capitale per tre o quattro secoli dello stato Shan. Non rimane tanto dell'antico splendore ma alcuni dei suoi templi abbandonati sono davvero impressionanti. Procediamo poi per SAGAING, cittadina nella valle dell' Ayeyarwady dominata da colline punteggiate da numerosissimi stupa dorati, straordinari punti panoramici. Infatti è stupendo il paesaggio che si gode dall'alto di SAGAING HILL ed è per certi versi il compendio di quello che maggiormente caratterizza questo paese: i templi dalle cupole dorate e l'acqua dei suoi generosi fiumi.







domenica 27 gennaio 2013

LA BELLEZZA DI MANDALAY

Come vorrei avere 'Empathy' dei Mandalay nelle orecchie! Quel gruppo che evocava l'oriente mi piaceva così tanto!

Ce l'avevano descritta come una brutta città piena di smog e di polvere, la più grande città del nord dal nome bellissimo!
Lo smog di macchine, motorini e generatori e la polvere delle strade secondarie ancora sterrate, dei canali senz'acqua e dei fuochi a legna non aiutano certamente a dare atmosfera ai fatiscenti palazzi anonimi del centro di Mandalay. Nemmeno la geometria e i nomi delle strade aiutano a darle una fisionomia riconoscibile: sono parallele e perpendicolari, numerate come le strade di Manhattan.
No, Mandalay non si può certo dire bella ma, se la si guarda con un occhio chiuso, si riesce a intravedere una bellezza altra nei quartieri artigianali dediti alla produzione di zucchero o alla costruzione di manufatti in legno, di anfore di terracotta e nella zona lungo il fiume dove lunghe imbarcazioni caricano e scarico colorati bidoni di zucchero. È la bellezza della vita in progress, il ritmo frenetico del lavoro che scandisce l'operosa giornata birmana.

Qui tutto viene fatto a mano, senza l'ausilio di grandi macchine industriali e Mauri si incanta ad osservare le tecniche 'antiche' utilizzate dai muratori che tra l'altro non osservano nessuna regola di sicurezza mentre io mi stupisco nel vedere le donne trasportare sacchi di cemento sulla testa su per le scale a pioli di un palazzo in costruzione... o i ragazzini spaccare le pietre con il piccone...

A Mandalay siamo alloggiati al ROYAL GUESTHOUSE in una camera pulita ma senza bagno e senza aria, al costo di 17$. Non ci lamentiamo visto che assistiamo all'andirivieni di numerosi viaggiatori che non trovano un posto. Poi la colazione è lauta, sebbene non ai livelli del THE LITTLE INN di Inle Lake!
Noleggiamo una bici e seguiamo i consigli della Lonely Planet per un fruttuoso giro della città.
Seguiamo anche il suggerimento di un signore che ci indica il favoloso COFFEE HOUSE PANTHAKHIN (84/83#22) dove si mangia di tutto meravigliosamente, a prezzi per i locali e in free wifi!! Certo bisogna adeguarsi alle abitudini locali e mangiare salato di mattino e dolce di pomeriggio! Mauri, per esempio, che in questi giorni sta soffrendo un po' la fame perché fatica a soddisfare il suo appetito con il cibo locale, quando trova una pietanza che gli piace non guarda certo l'orologio: oggi per esempio, si è fatto uno squisito piatto di noodles giganti (tipo bigoli!) alle 10 del mattino!






THE LADY, AUNG SAN SUU KYI

San Suu Kyi è la persona più amata del paese, simbolo di speranza per un futuro migliore, un futuro di democrazia.
Aung San Suu Kyi è figlia di Aung San, l'eroe nazionale dell'indipendenza birmana - che combatte contro gli inglesi prima e i giapponesi poi e paga con la vita la sua lotta contro il fascismo - ed è a lei che il popolo si rivolge quando il governo militare del generale Ne Win mantiene in potere con la forza affossando nel sangue ogni tentativo di protesta mietendo 3000 vittime nel 1988.

Aung San Suu Kyi era in Inghilterra dove aveva messo su famiglia - sposandosi con l'inglese Michael Aris e dando luce a due figli - ma continuando a studiare la storia e la letteratura birmana, quando è dovuta rientrare in Birmania per accudire la madre ammalata. Da quel momento non ha più lasciato il paese.
Si rende conto dei bisogni del suo paese e, come/in memoria di suo padre, metterà la proprio vita al servizio della sua gente. Si presenta e vince le elezioni del febbraio dell'89 ma a luglio è già agli arresti domiciliari e non vedrà né il marito né i figli per due anni e mezzo. Nel frattempo viene insignita del premio Nobel per la pace, ritirato dai suoi figli.
Tornata libera nel '95 riprende il suo attivismo e alla fine dell'anno rivedrà suo marito per l'ultima volta. Infatti, Arris si scopre affetto da grave malattia e cerca di entrare in Birmania per rivedere la moglie ma non gli viene concesso il visto mentre San Suu Kyi non osa andare in Inghilterra convinta di non riuscire più a tornare nel suo paese. Il marito l'appoggia in questa sua decisione e si spegne a Oxford nel 1999 senza riuscire a rivedere sua moglie.
Il regista Luc Besson definisce la loro storia come la più bella storia d'amore dai tempi di Romeo e Giulietta e le dedica il film THE LADY (2011).

In seguito Suu Kyi viene di nuovo arrestata per la sua attività politica nel NLD. É liberata nel 2002 ed è riaccolta trionfalmente dal suo popolo ma è di nuovo arrestata nel 2003 mentre gli altri membri del suo partito vengono imprigionati e in 70 vengono uccisi.
Viene liberata nel 2010 e, imperterrita, si rimette in politica. Lo scorso aprile (2012) si presenta alle elezioni e vince in modo assoluto. Ora ha un seggio in Parlamento e un popolo che la sostiene.
Qui sono tutti pronti al grande cambiamento: la democrazia!
Good luck Myanmar!



venerdì 25 gennaio 2013

IN BICICLETTA SUL LAGO

Il terzo giorno sul lago Inle affittiamo la bicicletta e, pur non avendo pianificato nulla, compiamo un giro favoloso! Ci dirigiamo a ovest del lago per raggiungere le HOT SPRINGS, sorgenti di acqua termale segnalate sulla mappa ma, con nostro disappunto, dopo quasi un'ora di strada, scopriamo essere delle piccole pozze all'interno di uno stabilimento termale. Naturalmente, sudati come siamo dopo la biciclettata sotto il sole caldo del mattino, non abbiamo nessuna voglia di farci un bagno bollente perciò continuiamo a pedalare verso un villaggio non molto distante in cui è di turno il mercato settimanale. Da queste parti ogni giorno c'è un grande mercato in cui le varie etnie che vivono intorno al lago e sulle montagne si radunano per acquistare e vendere i loro prodotti. Visitare uno di questi mercati è interessante proprio per l'opportunità che si ha di entrare in contatto con queste genti simpatiche, aperte e generose che si fanno fotografare volentieri, ti invitano ad assaggiare le loro specialità e sono subito pronte a farti uno sconto o ad aggiungere un regalo a quello che compri. In particolare ci sono i PA-O che si vestono di nero e hanno un fazzoletto a scacchi in testa o a volte un asciugamano, vivono soprattutto sù per i monti e producono frutta e verdura mentre gli INTHA indossano un cappello di paglia a tese larghe e vendono principalmente pesce.
Durante la gita in barca avevamo già avuto la possibilità di aggirarci tra le bancarelle del mercato di IN DEIN ma il tempo a disposizione era stato davvero poco quindi abbiamo accolto con piacere la possibilità di vederne un altro. Poi abbiamo trascorso un paio d'ore nel villaggio di KAUNG DAUNG pranzando a frutta nel giardino di un monastero, scherzando con monaci e bambini finché una signora ci ha invitati ad assaggiate il succo di un frutto della palma simile ma diverso dalla noce di cocco. Poi abbiamo comprato delle arachidi appena tostate, stese al sole per raffreddare, da una famiglia di produttori di arachidi tostate e infine abbiamo accolto l'invito di un barcaiolo ad attraversare il lago in barca fino a raggiungere il paese di MAING THAUK da cui poter riprendere il giro fino al villaggio dove siamo alloggiati. Che bello essere di nuovo in barca in mezzo al lago e poi tra le palafitte di Maig Thauk! Queste case sono collegate al resto del villaggio sulla terraferma tramite un ponte di legno lungo 410 metri: spettacolare!
Risaliamo il lago lungo il suo lato est, sappiamo di dover affrontare poco più di un'ora di strada pianeggiante quindi ci godiamo ogni pianta o fiore o persona o carro che attiri la nostra attenzione. Dopo una quarantina di minuti un grande cartello sulla destra lungo una strada in salita invita alla visita di una WINERY, una cantina vinicola con degustazione! Cogliamo l'occasione al volo e dopo una ripida salita ci ritroviamo con una ventina di altri visitatori ad assaggiare i vini locali: 4 assaggi 2000k! Vabbhé ormai siamo in ballo... Sauvignon Blanc, Rosé, un nero fruttato e poi di nuovo un bianco... Tutti notevoli! La cantina è di proprietà pa-o in collaborazione con un patner francese ed è attiva da nemmeno un decennio.
Corriamo giù per la discesa e percorriamo gli ultimi km fino all'hotel con molta soddisfazione per la bella giornata trascorsa!




giovedì 24 gennaio 2013

PITTORESCO INLE

Inle Lake è davvero bello. Ovunque si posi il tuo sguardo c'è qualcosa o qualcuno che merita una foto ricordo!

Da nessuna parte avevamo visto interi villaggi su palafitte in acqua altrettanto belli - nemmeno in Vietnam! - e scivolare sulle acque di questo lago è un incanto, specie al calar del sole quando i villaggi si specchiano nell'acqua e i pescatori sono ombre nere disegnate sull'orizzonte.

Tutto il giorno i pescatori e gli agricoltori dei villaggi INTHA e SHAN animano il lago in maniera assolutamente originale. I pescatori remano stando in piedi e usando una gamba che sembra di legno (ci ricordano i loro colleghi vietnamiti che però remano con entrambe le gambe e da seduti) e pescano con reti fatte a cono. Gli agricoltori coltivano pomodori e altre verdure in ORTI GALLEGGIANTI.
Meno visibili sono gli artigiani dei villaggi, che visitiamo in diverse tappe pre-organizzate dal nostro barcaiolo, che sicuramente gli frutteranno una commissione sulle vendite ma che valgono una sosta. Abbiamo visto donne confezionare sigari avvolgendo il tabacco dentro foglie nello splendido villaggio di NAMPAN, donne e uomini tessere la seta di loto in telai di bambù, e donne PADAUNG - le donne giraffa - originarie dello stato Kayah che sono famose più per i pesantissimi e numerosi anelli che portano intorno al collo, per tutta la vita dall'età di 8 anni, che per i tessuti che intrecciano.

Avevamo fatto al nostro barcaiolo una richiesta particolare: il villaggio INTHAR, con il suo pittoresco mercato e il suo tempio dai mille stupa dorati. Abbiamo pagato qualche euro in più ma abbiamo vissuto un'esperiena da Apocalypse Now: per arrivare al paese infatti occorre lasciare il lago e infilarsi lungo un canale straripante di vegetazione dove, in fondo, improvvisamente appare il villaggio e, al disopra, i suoi luccicanti stupa che raggiungiamo con un quarto d'ora di camminata e in cui ci perdiamo...

Il lago è lungo 22 km e largo 11 e forse per merito di queste notevoli dimensioni i turisti non disturbano la vista e l'incantesimo non si rompe anche perché si viaggia su piccole long tail (tipo gondole a motore) che trasportano due, quattro persone.
Noleggiamo una barca con due amici incontrati in hotel a Bagan con cui abbiamo condiviso la notte di viaggio in autobus da Bagan al Lago: Paul, un trentenne inglese di Manchester con la bisnonna napoletana, e Lisa, la sua giovane compagna svedese. Si sono presi una pausa lavorativa avendo deciso di lasciare definitivamente Manchester per sistemarsi e fare figli in Svezia. 'L'Inghilterra è un paese vittima del proprio sistema sociale - ci ha detto Paul - Le agevolazioni e i benefit agli immigrati, a discapito dei cittadini inglesi, hanno trasformato il volto del paese che è ora devastato dalla criminalità. Impensabile crescerci un figlio. Anche mia madre mi ha spinto ad andarmene.'

L'arrivo a NYAUNGSHWE, lungo un canale a nord del lago Inle, non è stato dei più facili. Il nostro comodo e silenzioso autobus è stato guidato in modo tanto efficente da giungere a destinazione quasi tre ore prima: alle due di notte! La piccola cittadina dormiva e ogni guesthouse, forse per non essere disturbati, aveva un cartello appeso sul portone di ingresso: FULL.
Noi e i due nuovi amici, imperterriti con zaino in spalla, continuavamo a camminare nel freddo e nel buio della notte quando un giovane in risciò è giunto in nostro aiuto e ci ha proposto l'unica soluzione: il monastero!
Che caldino che ci ha accolto al nostro arrivo! Abbiamo trovato posto in un grande stanzone situato al primo piano di una struttura di legno, con un bel pavimento in tek, su un materasso con coperte e cuscini dall'apparenza nuovi (su 'donazione' di 3000k, 3€ a persona) su cui abbiamo disteso il nostro saccapelo e... fatto sogni d'oro!
Il mattino dopo siamo stati altrettanto fortunati e abbiamo trovato posto al primo tentativo presso il LITTLE INN, la cui abbondante colazione ora ci sfama fino a sera!
Paul e Lisa sono rimasti al monastero, contrattando con i monaci 5000k a persona a notte.








mercoledì 23 gennaio 2013

ZUCCHERO DI CANNA

Con le biciclette ci inoltriamo a casaccio lungo sentieri sconosciuti tra le campagne coltivate e i canneti da zucchero di Nyaungshwe. Costeggiamo canali e orti sorprendendo donne intente alla cura di ortaggi e di fiori e bufali in ammollo nell'acqua fangosa.
La giornata è stupenda e il calore del sole è mitigato dalla brezza del lago.
Le nostre biciclette giapponesi con le marce filano con piacere anche lungo i sentieri sabbiosi e sassosi: è uno spasso! Ma ecco che un fumo nero si alza in cielo da una ciminiera di mattoni che si scorge oltre la siepe selvatica di una palafitta di legno. 'Stanno facendo lo zucchero!' intuisce Mauri, digirendosi in quella direzione.
I 4 ragazzi INTHA impegnati attorno al lungo forno ci accolgono sorridenti e felici di poterci far assaggiare lo zucchero liquido della canna da zucchero e mostrarci le varie fasi di lavorazione. È molto semplice: le canne vengono spremute con una macchina gigante, tipo quella per fare la pasta o la gomma, e ne viene raccolto il succo. Questo viene messo in pentoloni e fatto bollire per 45 minuti sopra un forno-stufa alimentato con i residui della canna stessa dopo essere stati essicati al sole. Poi si lascia raffreddare e solidificare: lo zucchero di canna è pronto!
Le raffinerie industriali provvederanno poi a trasformarlo in zucchero bianco.

Stasera partiamo per Mandalay con un night bus, arriveremo certamente nel cuore della notte ma ci hanno assicurato che nella città troveremo una qualche tea-house dove poter aspettare l'alba. Una bella sfacchinata! Devo ammettere che avere prenotato l'hotel per la notte successiva mi tranquillizza molto!





martedì 22 gennaio 2013

BURMESE DAYS

Oggi è giorno di mercato a Nyaungshwe, la cittadina dove alloggiamo sul lago. Ci alziamo prestino e ci avviamo a piedi verso il centro della città determinati a fare un reportage di volti e situazioni caratteristiche ma la gente è davvero tanta e dopo poco optiamo per contemplare il via-vai dall'esterno, comodamente seduti in una 'tea house', tra giapponesi con la macchina puntata. Fortuna che i locali non disdegnano le foto! Alcuni di loro, specie le donne un po' attempate, quasi la pretendono! E' un'occasione per sentirsi dire 'clarè,
beautiful'!
Carri pieni di mercanzie e di gente vanno e vengono, su tutto prevalgono le verdure e il pesce ma alcune donne intha propongono anche i fiori che coltivano nei campi lungo i canali e diverse donne pa-o offrono i loro ottimi avogado e frittelle di fagioli.

Oggi é per noi una giornata dedicata al relax e alla pianificazione. Acquistiamo i biglietti per il pullman di domani sera che ci porterà a Mandalay (nonostante i tempi, con una sola telefonata riescono a garantirci i migliori posti sul pullman!) prenotiamo un hotel che ci mette in lista d'attesa e ne prenotiamo un altro per quando arriveremo a Bangkok.

Scopriamo finalmente un internet point in cui è possibile collegarsi in wifi con il telefono (adiacente all'Inle Pancake Kingdom), riesco a pubblicare a malapena un post sul lago Inle, forse con una sola foto, e mi auguro di poter fare di meglio da Mandalay.

Ceniamo al solito posto, anticipando ogni giorno l'orario: stasera sono le 6!
Il ristorante si chiama AURORA e propone degli ottimi piatti chan vegetariani. Su tutti i noodle fatti in casa e il curry di patate e melanzane!

Alle 7,30 siamo già in camera distesi sul letto a leggere, scrivere e a prepararci mentalmente a trascorrere, domani, un ultima giornata nel posto più bello del Myanmar.



lunedì 21 gennaio 2013

BORIOSA ED EXPENSIVE BAGAN

Tanti templi nella campagna di Bagan, più di 2000, grandi e piccoli fatti di vecchi e nuovi mattoni, essendo stati costruiti più di mille anni fa ma ricostruiti solo ultimamente...

Bagan è uno dei fiori all'occhiello del Myanmar ma, nonostante l'indiscutibile unicità, non presenta nulla di così entusiasmante per i nostri occhi, abituati ormai alle meraviglie dei templi indiani!
Abbiamo noleggiato un paio di biciclette e girovaghiamo per le strade asfaltate (ma non per questo senza buche) della pianura sabbiosa che ospita Old Bagan, New Bagan e Nyaung U, per un totale di circa 8 km di lunghezza, addentrandoci lungo i sentieri sabbiosi che portano ai templi più importanti, alcuni contenenti preziosi grandi Buddha, come l'ANANDA PAHTO che ne ospita 4, uno per ogni lato di un quadrilatero perfetto. Altri templi si possono scalare, come il bel SHWESANDAW (contenente un capelli del Buddha): hanno gradini verticali ripidissimi, come i templi azteki e sono l'ideale per ammirare il tramonto. Ieri sera ci siamo goduti il tramonto in uno splendido tempio dorato di Nuaung U, la zona dove risiediamo, lo SHWEZIGON mentre stasera abbiamo scelto il BULEDI TEMPLE e evidentemente, pur non essendo il più alto, è quello che offre la prospettiva migliore visto che è stato scelto come setting per uno spot pubblicitario di una nuova compagnia aerea birmana. Proprio mentre eravamo lì intenti ad ammirare il cambiamento del colore degli edifici grazie alla luce del sole calante, una troupe tutta vestita di nero con un direttore della fotografia dal look decisamente trendy e una modella con due lunghe trecce e il Thanekha sulle guance si è mescolata a noi e ha iniziato le riprese di un filmato con noi (=la gente in attesa di vedere il tramonto) come comparse.

Ci aggiriamo tra i templi un po' seguendo le dritte della guida, un po' lasciandoci guidare dalla vista e ogni tempio in cui siamo entrati, anche se apparentemente simile agli altri, ci ha spesso offerto qualcosa di nuovo. Certo dall'esterno alcuni templi si presentano come vere e proprie gigantesche cattedrali del deserto e sembrerebbero celare anche enormi spazi interni, invece lo spazio occupato dai vari Buddha è esiguo, al confronto. Ci sono anche templi che ospitano Buddha di grosse dimensioni chiusi tra pareti strettissime. Altri templi mostrano l'antico retaggio induista, con bassorilievi dedicati a Shiva, Vishnu o Brahama.

Sullo Swesandaw abbiamo incontrato una coppia di italiani - rari in Myanmar - di vicino Milano, più o meno nostri coetanei che, come Mauri, hanno chiuso la partita IVA e, come noi, hanno scelto l'Asia per un break dallo stress occidentale. Anche loro procederanno per l'Australia ma con l'intenzione, in un secondo momento, di trasferircisi!

Partiamo da Bagan un giorno prima del previsto per sfuggire alla fame di denaro dei commercianti della zona. Le guesthouse sono decisamente sovrastimate: con 25 dollari siamo sistemati in una camera che ne vale dieci. A meno prezzo si trovano solo dei loculi sporchi. I ristoranti hanno menù che pretendono il doppio di quelli delle città finora visitate e i templi sono 'infestati' da venditori che ti seguono anche sulle terrazze esterne (o in bicicletta lungo la strada!) per venderti una stampa fatta dal nonno o dal fratello (da mio zio!) o un souvenir cheappissimo made in China spacciandolo per artigianato locale!
I bambini per strada invece del solito saluto ti apostrofano con 'money, money!'

Questo volto probabilmente inevitabile del Myanmar non ci piace proprio ma temo che lo incontreremo ancora nei prossimi giorni in cui visiteremo un altro luogo di grande attrattiva turistica: il lago Inle.



sabato 19 gennaio 2013

(TRENO) NOTTUNO BIRMANO

18/1
Lasciamo PYAY con un po' di tristezza. Marylin stasera ha voluto offrirci la cena e la sua generosità ci ha imbarazzati! Ora siamo amiche facebook e rimarremo in contatto!

Oggi abbiamo girovagato senza meta nei dintorni della città fino all'ANCIENT CITY dove resti di templi antichi sono sparpagliati in una zona piuttosto ampia. Ci siamo limitati a visitarne alcuni, probabilmente i meno interessanti. Poi abbiamo preferito addentrarci tra periferici villaggi di palafitte di legno che, nei casi più fortunati, ospitavano una mucca o due al piano terra. Vicini a un tempio che domina la valle del fiume di fronte a Pyay, abbiamo pasteggiato con una squisito cocomero per poi, una volta rientrati in città, fare merenda con un thali indiano buonissimo! Il cibo birmano è fritto in abbondante olio e quasi tutti i piatti sono a base di carne o di pesce...che non abbiamo molta voglia di mangiare. Per variare il menù si può facilmente mangiare cinese ma solo l'indiano con i nan e i chapati può soddisfare la nostra voglia di PANE!

Stasera partiamo per BAGAN in treno, upper class, semisdraiati su una poltrona che si spera concigli il sonno e giustifichi l'astronomica spesa mai sostenuta prima per un trasferimento: il biglietto ci é costato ben 23$ a persona. (Un biglietto ordinario su panca di legno ne costava 17). L'autobus costava 14000k (circa 19$) ma viaggiavamo sicuramente scomodi e arrivavamo a Bagan nel cuore della notte. Con il treno invece speriamo di stare più comodi (upper class!), si parte alle 10 di sera e si arriva alle 8.30 del mattino.
Ma accidenti! Avevamo dimenticato quanto si muove il treno! Il movimento oscillatorio e a tratti sussultorio, raggiunge dei livelli da non credere! Durante il viaggio che abbiamo fatto di giorno ci facevano ridere, rassicurati dal bel paesaggio solare fuori dai finestrini, ma stasera non ci divertono affatto: nel buio pesto della notte birmana, con il treno che ci sembra corra a velocità elevata, abbiamo l'impressione di deragliare da un momento all'altro e magari giù da un ponte! Il monaco buddista che ci siede al lato si fuma tranquillamente un sigaro (nonostante Mauri gli abbia fatto notare il cartello non fumate!), poi estrae un libricino dalla sua borsa e canta un paio di preghiere prima di seppellirsi sotto altri drappi bordeaux e provare a dormire. Più in là un omone forse tedesco forse anglosassone dorme già da un bel pezzo, con la testa dentro un sacchetto a rete per proteggersi dalle zanzare. 'Sicuramente ha preso un pastiglione' - dice Mauri.

Non ci resta che imitarlo, se vogliamo cercare di dormire un po': ci dividiamo un CONTROL 1 e... abracadabra... ci addormentiamo fino alle 6!
Ci svegliamo giusto in tempo per vedere l'alba! Passa il cameriere e ci chiede cosa desideriamo per colazione. Decidiamo di bere un caffé e preferiamo trasferirci nella carrozza ristorante adiacente all'upper class: raggiungerla è un impresa! Rischiamo continuamente di volare addosso agli altri passeggeri! Finalmente ci riusciamo e, sorseggiando il caffé cercando di non versarcelo addosso, pensiamo che ce l'abbiamo fatta, anche stavolta ci è andata bene!

venerdì 18 gennaio 2013

GENTE DEL MYANMAR

Uomini e donne si tingono il viso con il 'thannekha', uno sbiancante naturale ricavato dai rami di una pianta, che protegge dal sole e rinfresca la pelle e che conferisce loro le sembianza selvagge degli indiani d'america!
La bocca è spesso sporca del rosso di foglie miste a lime e spezie che, specie gli uomini, masticano e sputano continuamente. Sia gli uomini che le donne portano una gonna lunga fino alle caviglie e quando ci vedono muoiono dalla voglia di parlare con noi. Nessuno parla inglese ma tutti bene o male sanno chiederti 'where are you from?' Sono tranquilli, non si arrabbiano nemmeno se ti rifiuti di pagarli (perché magari, non capendo, ti hanno portato dove non volevi andare). Sono generosi: si offrono continuamente di aiutarti. A Yangon, per esempio, un negoziante a cui ho chiesto un'informazione generica su un treno, ha telefonato in stazione per me e mi ha fatto parlare con la biglietteria. Oppure al mercato un ragazzo che sapeva un po' di inglese si è offerto di accompagnarci a cercare un banco di artigianato locale e quando ho esitato di fronte all'acquisto di un ventaglio di bambù ha parlato con la venditrice e poi mi ha detto che me lo avrebbero regalato volentieri loro, in ricordo del Myanmar!

L'arrivo di turisti e viaggiatori non ha ancora modificato il loro stile di vita. Solo coloro che già lavoravano nel settore con hotel e ristoranti stanno aumentando le loro ricchezze accentrando su se stessi tutte le attività relative a questo flusso di visitatori (trasporti, transfer, tour, guide). I birmani non ci sembrano molto intraprendenti e infatti almeno qui a Pyay, molte delle attività commerciali - negozi, ristoranti, hotel - sono GIÀ nelle mani dei cinesi.
Il nostro albergatore cinese non è molto ben visto dai suoi concittadini birmani, lo capiamo dalle smorfie o dai commenti che fanno quando gli diciamo dove alloggiamo. Oggi, che abbiamo noleggiato una moto da lui dopo averla cercata altrove senza successo, e siamo andati a far un giro nella zona archeologica, siamo persino stati trattati poco simpaticamente dagli operatori del parco quando hanno riconosciuto la sua moto! 'The chinese motocycle! Go go!' A dire il vero 'the chinese' non piace nemmeno ai suoi ospiti, che tratta come polli da spennare!

Sugli autobus a lunga percorrenza c'è sempre un bel televisore a schermo piatto che proietta film popolari, ambientati nelle campagne e che raccontano storie che parlano della loro vita. Fanno appello ai sentimenti più basici e ai valori più semplici quali la fedeltà, la lealtà, la famiglia, con una morale esplicitata nell'happy-ending. Sono veri e propri melodrammi con trame complicate e parecchi colpi di scena, a tratti musical, a tratti con azioni di kong fu ma con la pretesa di essere realisti. Ne abbiamo visti due sottotitolati in inglese, a mio avviso sintomatici della forma mentale di parte della popolazione. Il primo racconta la storia di due innamorati che hanno potuto sposarsi solo tramite la 'fuitina' poiché il fratello di lei le aveva già arrangiato il matrimonio con un altro. Il secondo racconta la storia di un gruppo di ragazzi che lasciano il paese per andare in città a fare fortuna come gruppo hip-hop. Cambiano look: si tolgono il colore bianco dal viso e sostituiscono la gonna con dei jeans e in breve tempo diventano famosi. Ma non sanno gestire denaro e successo e finiscono sulla strada dell'alcool, donne facili e gioco. Quando hanno perso tutto, tornano a casa con la coda tra le gambe e finiscono per suonare musica tradizionale nella band del villaggio!






giovedì 17 gennaio 2013

IL MYANMAR IN DUE PAROLE

Gli Inglesi la chiamano ancora BURMA (pr ba:ma) ma pare che il nuovo nome sia più appropriato poiché la popolazione è costituita da diverse etnie, nonostante i barman, i birmani, siano il 69%. La nazione consta di 9 etnie per 14 stati, spesso ai ferri corti con la giunta militare al governo, che ancora seda i fermenti di rivolta con il fuoco. Anche per questo motivo numerosi luoghi, spesso zone di confine, non sono accessibili ai viaggiatori stranieri.
La popolazione vive in condizioni molto povere e il governo militare ha finora preso e mantenuto il potere con la forza, pur avendo aspirazioni democratiche. Nel 1990 ha indetto elezioni che lo hanno visto perdente (l'80% della popolazione ha votato l'NDL, la Lega per la democrazia guidata da Aung San Suu Kyi) ma non ha voluto cedere il governo del paese e ha preferito incarcerare i leader dell'opposizione (San Suu Kyi agli arresti domiciliari) e sedare le rivolte con il sangue. Pochi anni fa hanno provato anche i monaci buddhisti, numerosissimi, a ribellarsi. Infatti nel 2007 il governo ha aumentato il prezzo degli autobus pubblici delle grandi città da 5k a 100k quando lo stipendio medio della popolazione era di 9000k e per recarsi al lavoro ne spendeva 6000. Ma anche la 'Rivoluzione Zafferano' (così chiamata per il colore delle tuniche dei monaci) è finita con una strage (almeno 31 vittime).
Da un paio d'anni però il governo ha deciso di essere più generoso: ha ridato la libertà a Aung San Suu Kyi che è di nuovo scesa in politica e ha ottenuto un seggio in Parlamento alle elezioni democratiche del 2012, ridando fiducia al popolo che la sostiene. In cambio le potenze occidentali hanno ridimensionato le iniziative di boicottaggio. Anche il turismo è stato finalmente sollecitato, nella speranza che il programma di riforme verso la democrazia serva a migliorare le condizioni di vita della popolazione.

In questi giorni intanto il governo non sembra aver cambiato tattica e risolve con il fuoco le ribellioni nelle aree di confine nel nord del paese ma... 'Il prezzo delle automobili è diminuito e forse un giorno potremo permettercene una anche noi' - ci ha detto un negoziante di Moulmein.

Certo è giusto che anche la gente di qui possa avere quello che vede in televisione, quello che abbiamo noi. Ma è altrettanto vero che quando lo avranno non ci saluteranno più con lo stesso autentico calore di oggi e avranno sicuramente perso, come noi del resto, le stelline negli occhi.



STREPITOSA PYAY (pr PI)

Meta poco battuta dagli stranieri, Pyay è un posto dove, a dispetto della povertà di beni materiali (non ci sono automobili, costano troppo, solo bici e scooter) si vive bene. In questa cittadina sul fiume c'è proprio una bella atmosfera di... festa! La stradina che porta al fiume ospita un night market, un mercatino serale dove soprattutto si mangia per strada, secondo il costume locale. Assaggiamo dei deliziosi spiedini di patate e di tofù (secondo la linea vegetariana che abbiamo deciso di seguire), come aperitivo da accompagnare con un bel bicchiere di ottima Myanmar Birra.
Ma la cosa che più ci piace di questa cittadina è il treno che passa proprio in pieno centro, tagliando in diagonale la rotonda con la statua di Aung San a cavallo (l'eroe nazionale per l'indipendenza dagli inglesi, padre di Aung San Suu Kyi), proprio nel cuore della città. Le due vie pricipali che si intersecano proprio in quel punto sono piene di barettini-ristoranti con distese di tavoli e sedie all'aperto e ci sono anche i migliori negozi della città che offrono per lo più della scadente roba cinese. Anche la nostra guest house è scadente ed è gestita da una famiglia cinese ma siamo riusciti ad avere forse la camera migliore e ci si sta bene. Abbiamo conosciuto Carlos, un poliglotta portoghese 60enne che sverna in Asia 3 mesi all'anno. 'Occorre mantenere lo spirito giovane quando il corpo invecchia!'- ci ha detto saggiamente Carlos che da quando si ritrova con un pace maker al cuore ha lasciato il lavoro e si gode la vita. 'Con 10€ a Lisbona metto benzina nella macchina per un giro in città, qui con gli stessi soldi al giorno mi giro l'Asia'.

Noto che in Birmania il viaggiatore medio è più o meno nostro coetaneo e che spesso è al suo secondo o terzo viaggio in questo paese. Molti lamentano il fatto che il costo delle guesthouse e anche dei voli domestici sia raddoppiato e a volte triplicato. Un albergatore mi ha detto che le loro strutture non sono in grado di accogliere troppi turisti e quindi hanno alzato i prezzi per 'selezionarli'.
A INLE LAKE, un posto molto turistico nel nord est del paese, pare che nelle settimane scorse tanti visitatori abbiano dovuto dormire nei templi buddisti perchè tutti gli hotel erano esauriti!
Qui a Pyay non abbiamo avuto problemi di questo genere in quanto i viaggiatori/turisti sono davvero pochi. In giro non se ne vedono. Noi facciamo su e giù per le vie della città un po' a piedi un po' in pick up (il bus pubblico locale) e ci intratteniamo senza fretta con la gente del posto, sempre pronta a scambiare due chiacchiere pur non sapendo una parola di inglese! Stamattina abbiamo visitato una sbalorditiva (così la definisce la Lonely Planet) pagoda, la SHWESANDAW PAYA, il cui zedi (stupa) dorato si dice custodisca 4 capelli del Buddha mentre in un altro piccolo stupa è conservato un suo dente. E ancora più d'effetto è l'adiacente SEHTATGYI PAYA con un bellissimo gigantesco Buddha.

Non molto distante dalla nostra guesthouse cinese, sulla riva del fiume, ogni mattina si svolge un pittoresco mercato, in gran parte coperto, che vede tra le merci più diffuse il pesce secco (e anche fresco) che viene scaricato da grossi barconi ancorati al lato del mercato.

Ma le meraviglie di Pyay non finiscono qui: sulla via principale, la Bogyoke Rd, lo SHREE TEA offre degli ottimi té e caffé con un'incredibile connessione wifi gratuita! Marilyn, la proprietaria, una bellissima ragazza anche modella, è diventata nostra amica e forse un giorno verrà a trovarci in Italia.
Ci fermiamo qui tre giorni prima di salire sul treno notturno che ci porterà a BAGAN, fiore all'occhiello del Myanmar.