mercoledì 9 gennaio 2013

LA ROCCIA D'ORO - THE GOLDEN ROCK

Avendo prenotato il ritorno da Mandalay che si trova nel nord, decidiamo di andare a sud-est per cinque-sei giorni per poi tornare nella capitale e procedere verso nord lungo la costa ovest. Con un autobus decisamente costoso per i canoni a cui ci eravamo abituati in India (7000kyst=7€ a testa) arriviamo a KINPUN nelle 5 ore prestabilite per coprire circa 180km, viaggiando comodamente a velocità molto ridotta. Con noi molta gente locale e una coppia di inglesi di Londra. Ci sistemiamo in una squallida camera della SEA STAR guest house (quelle migliori erano già occupate) - dobbiamo imparare a prenotare - e la mattina dopo, prima dell'alba, saliamo sul cassone di un camion che in 45 minuti ci porta vicinissimo al tempio. Scopriamo dopo che agli stranieri non sarebbe permesso arrivare fino a qui perché l'ultimo tratto è giudicato troppo pericoloso e quindi sono obbligati a camminare lungo i 45 minuti di una ripida salita di cemento. In alternativa ci si può fare trasportare da tre, quattro uomini su una portantina per 8000 kiats (8euro). Noi, una volta saliti sul camion giusto, unici stranieri, abbiamo semplicemente pagato 1000 kiats in più del prezzo standard.

La GOLDEN ROCK rappresenta il tempio più amato dai birmani, secondo forse solo alla SHWEDAGON PAYA di Yangon, ed é costante meta di pellegrinaggio. Si tratta di un enorme sasso ricoperto di foglie d'oro che sta miracolosamente in bilico, la leggenda racconta, su un capello del Buddha collocato sullo stupa su cui è appoggiato. Sotto: il nulla. Una valle che, quando l'abbiamo vista noi, era avvolta nella nebbia e dava al masso una dimensione eterea.

E' stato divertente il viaggio in camion, soprattutto quello dell'andata (al ritorno abbiamo percorso il primo tratto a piedi, come tutti): sembrava di essere sulle montagne russe! Eravamo in 36 seduti uno accanto all'altro che ci sorreggevamo a vicenda, urlando e ridendo ad ogni ripida discesa! Per strada nessun altro veicolo a parte i numerosi camion stracolmi di pellegrini. Al ritorno, sul camion, eravamo in compagnia di due italiani di Roma: lui fotografo e lei medico psichiatra. Abbiamo parlato delle prossime elezioni politiche e del disgusto che si prova parlando della politica italiana. E della fine che non si capisce facciano i soldi che lo Stato stanzia per gli ospedali romani, che sono tantissimi (i soldi), mentre lo stato degli edifici pubblici è spesso fatiscente.

Nel pomeriggio abbiamo avuto la grande idea di preferire il treno al collaudato pullman per continuare il nostro viaggio a sud fino a MOULMEIN, città da cui il mio amatissimo George Orwell ha scritto 'Burmese Days' quando era in Birmania (Burma) come sottotenente dell'esercito inglese. Esperienza che gli cambiò la vita.




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